Il periodo di “Dungeons & Dragons”

Ho avuto un periodo della mia vita molto particolare. È durato circa due anni e per tutto quel tempo avevo messo da parte la mia vita reale per pensare a quella che stavo vivendo all’interno di un gioco. Tutto era nato per caso, un sabato pomeriggio, passato a casa di mia nonna con mio cugino Simone e la sua ragazza. A quel tempo noi stavamo a casa di mia nonna tutti i sabati, perché lei aveva bisogno di essere guardata, e noi ne approfittavamo per vederci e giocare insieme. Quanti giochi… “Battle Master”, “Talisman”, “Hero Quest”, “Il Signore degli Anelli”, “Scotland Yard” e via dicendo, fino a che un sabato mio cugino tirò fuori la prima versione di “Dungeons & Dragons”. Il primo sabato mi spiegò le regole, e dopo aver costruito i personaggi iniziammo la storia. Io ero un Elfo, così come la ragazza di mio cugino, mentre lui era il Dungeon Master. Iniziammo così, noi tre, poi con il tempo si aggiunsero altre persone. Il gioco mi affascinò subito, e da quel sabato non lo cambiammo più per circa due anni, tra partite a casa mia nonna, nella mia taverna, di notte davanti a cimiteri, dentro locali e castelli abbandonati. Durante la settimana pensavo al gioco, a dove eravamo rimasti, cosa dovevo e potevo fare, per poi mettere tutto in pratica durante le nostre partite, in cui il mio personaggio diventava sempre più forte. Con il gioco è nata anche la mia passione per i dadi e si è consolidata anche quella per il genere fantasy. Devo dire che la vita che facevo nel gioco era migliore di quella reale, il gioco era un bel motivo per vivere, per essere felice. Era come una droga. Poi per vari motivi che adesso non sto a raccontare, abbiamo iniziato a giocare meno, fino a smettere. Successivamente comprai la versione da tavolo, mentre mio cugino mi regalò l’espansioni che uscirono in seguito, e ogni tanto, quando mi prende la voglia e la nostalgia del gioco, lo tiro fuori, e ripenso alle bellissime giornate passate a casa a giocare a “Dungeons & Dragons”, il gioco più bello del mondo.

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